martedì 6 maggio 2014

Al di qua del paradiso - Francis Scott Fitzgerald

Non mi sento realmente degno di recensire un libro di Fitzgerald, soprattutto dopo l'enorme sforzo che ho dovuto fare per leggerlo. Ritengo che questa mia difficoltà derivi principalmente dal fatto che non ero pronto a leggere questo testo, e di conseguenza avrei fatto molto meglio ad arrestarmi in tempo. Come mi succede la maggior parte delle volte però mi sento portato a concludere una lettura, in quanto mi sembra sempre di fare un torto all'autore. In questo caso ho fatto un torto a me stesso, in quanto questo libro mi ha solo procurato un'emicrania allucinante. 
Cercherò di descrivere il più oggettivamente possibile l'impressione che questo romanzo ha avuto su di me: ho trovato il racconto come una serie sconclusionata di fatti, uniti solo dall'epoca che hanno in comune, dove un personaggio, probabilmente nemmeno così tanto protagonista, salta a destra e a sinistra inconsapevole di ciò che vuole. Ho avuto di fondo la sensazione che qualcosa mi richiamasse all'atmosfera che mi aveva trasmesso la lettura di "Delitto e castigo" di Dostoevskij, anche se spero vivamente di non dovermi mai pentire di questa mia analogia; sostanzialmente è un senso di claustrofobia, ovviamente diversa da quella del romanzo russo, eppure si respirava questa sua sensazione di inadeguatezza, cosa in evidente contrasto con tutto ciò che invece l'epoca e le situazioni descritte da Fitzgerald vorrebbero esprimere. Forse il nodo sta proprio in questo, l'assurdità di un'epoca in cui la gran parte delle persone sono talmente sicure di loro stesse che invece arrivano a perdere completamente il controllo su loro stessi, e soprattutto sugli altri, anche se credono di averli in pugno per il solo fatto di volerlo. 
Mi fermo qui, perchè non credo che sarei realmente in grado di proseguire, posso solo dire che è stata una lettura estenuante, che mi sembrava non dovermi portare da nessuna parte (cosa che in effetti è successa), e che probabilmente dovrò riaffrontare in seguito, con maggiore lucidità.
Per ora posso votare con un 6, ma è un voto che non mi sento di sottoscrivere appieno, forse perchè il romanzo aveva in serbo molto di più di quanto io sono riuscito a cogliere. 

T.M.

2 commenti:

Seagull ha detto...

Ciao :-).... non sono molto preparato su Fitzgerald ma ho sempre avuto l’impressione, per quel poco che conosco e specie per le tematiche che trattava, che faccia un po’ parte di quegli autori talmente complessi che non si riuscirà mai a capire completamente; di quegli autori che, forse, neanche la Letteratura istituzionale riuscirà mai ad interpretare fino in fondo. Dunque non penso sia questione di non essere degni di esprimere un opinione a riguardo, ma penso che affrontare un nuovo autore, per ognuno di noi, sia come entrare in un nuovo universo di idee, di sensibilità e tecnica, che spesso e volentieri ci disorienta e ci da l’idea di un incontro non molto positivo. Quindi condivido che è soprattutto una questione di momenti giusti o momenti sbagliati e…….. perché no? ……..magari di una grande passione rimandata? O di una passione che non nascerà mai. Chissà……..mai dire mai.
Ricordo il mio terribile approccio con Joyce, autore che come ho già detto altre volte amo molto, ma non ti dico quanto nel mio caso ci sia voluto perché potessi apprezzarlo e entrare nel suo discorso narrativo e ancora oggi non sono affatto sicuro di capirlo fino in fondo. Ma alla fine è diventato uno dei miei autori preferiti. Ma ce ne sono altri, anche amatissimi da molti, che avverto davvero ostici e distanti, o forse sono io che non sono in grado di apprezzarli ed entrare in sintonia con loro. Ma è anche normale, ci sono autori che ci consegnano da subito le chiavi del loro “universo”, altri che pretendono molto da noi lettori, altri che semplicemente offrono un universo al quale sentiamo di non appartenere. Tutto qui. Solo il tempo può dirlo….
Ciao !!!

T.M. ha detto...

Condivido in pieno. Non si entra sempre in sintonia con l'autore, soprattutto non immediatamente, e forse (ribadisco forse) è proprio la complessità di questa "comprensione" che rende speciale un determinato narratore (anche se a volte è smeplicemente un autore che scrive troppo per se stesso, ma sono casi rari).
Forse questo mio primo approccio con Fitzgerald non è stato dei più sereni, ma conto sul fatto di accostarmi ad altre opere della sua produzione per far si di comprenderlo meglio, e chissà che non mi faccia scoprire davvero qualcosa di nuovo, io ci conto sempre. Forse è per la paura di non aver affrontato degnamente una lettura che scrivo recensioni con un giudizio in sospeso, e a volte è un bene a volte un male, perchè spesso è la prima impressione quella che conta, ma è altrettanto importante non demordere, perchè come nella vita non mi faccio allontanare dalle persone che incomprensibilmente mi dimostrano ostilità, così non mi allontano da un autore dalla prosa troppo ermetica.
Ci sentiamo presto Seagull!
Ciao!

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