lunedì 19 maggio 2014

Vacanze in villa - Madeleine Wickham

Ecco un libro che mi sento assolutamente di difendere dalle numerose recensioni negative che avevo letto. Ho preso in mano questo romanzo con il timore di avere una grande delusione, soprattutto dopo aver letto i numerosi commenti negativi fatti da lettori che molto probabilmente amano la "nuova" Kinsella rispetto alla "riscoperta" Madeleine Wickham che fa da sfondo alla brillante scrittrice venuta alla ribalta con "I love shopping". 
Il romanzo infatti è stato un vero e proprio mix di inventiva narrativa, buona scrittura e sottile divertimento. Certo bisogna ammetterlo, in alcuni punti ha un tantino calcato la mano, e per questo si notano gli scivoloni su argomenti a sfondo sessuale un tantino esagerati e fuori luogo; a parte questi piccoli inserti, decisamente trascurabili (e probabilmente anche eliminabili) il romanzo procede piacevolmente e la storia, con i suoi piccoli colpi di scena, è godibile. C'è un sentore di "non finito" arrivati all'ultima pagina, una sensazione dovuta probabilmente al fatto che nella storia sono stati inseriti numerosi elementi per ciascun personaggio, ma pochi sono stati veramente approfonditi. 
Sono d'accordo sul fatto che non sia un capolavoro (mi stupirei se proclamassi il contrario) ma bisogna dar merito alla "vecchia Kinsella" che ha costruito un romanzo niente male, che pur non avendole dato successo le ha permesso di crescere come scrittrice portando alla luce un racconto che di fondo ha molta più sostanza di quella che potremmo trovare in qualunque altra scrittrice (mediocre) che tenta di lanciarsi nel mondo della scrittura negli ultimi anni. 
Voto con un bel 7, decisamente meritato. 

T.M.

martedì 6 maggio 2014

Al di qua del paradiso - Francis Scott Fitzgerald

Non mi sento realmente degno di recensire un libro di Fitzgerald, soprattutto dopo l'enorme sforzo che ho dovuto fare per leggerlo. Ritengo che questa mia difficoltà derivi principalmente dal fatto che non ero pronto a leggere questo testo, e di conseguenza avrei fatto molto meglio ad arrestarmi in tempo. Come mi succede la maggior parte delle volte però mi sento portato a concludere una lettura, in quanto mi sembra sempre di fare un torto all'autore. In questo caso ho fatto un torto a me stesso, in quanto questo libro mi ha solo procurato un'emicrania allucinante. 
Cercherò di descrivere il più oggettivamente possibile l'impressione che questo romanzo ha avuto su di me: ho trovato il racconto come una serie sconclusionata di fatti, uniti solo dall'epoca che hanno in comune, dove un personaggio, probabilmente nemmeno così tanto protagonista, salta a destra e a sinistra inconsapevole di ciò che vuole. Ho avuto di fondo la sensazione che qualcosa mi richiamasse all'atmosfera che mi aveva trasmesso la lettura di "Delitto e castigo" di Dostoevskij, anche se spero vivamente di non dovermi mai pentire di questa mia analogia; sostanzialmente è un senso di claustrofobia, ovviamente diversa da quella del romanzo russo, eppure si respirava questa sua sensazione di inadeguatezza, cosa in evidente contrasto con tutto ciò che invece l'epoca e le situazioni descritte da Fitzgerald vorrebbero esprimere. Forse il nodo sta proprio in questo, l'assurdità di un'epoca in cui la gran parte delle persone sono talmente sicure di loro stesse che invece arrivano a perdere completamente il controllo su loro stessi, e soprattutto sugli altri, anche se credono di averli in pugno per il solo fatto di volerlo. 
Mi fermo qui, perchè non credo che sarei realmente in grado di proseguire, posso solo dire che è stata una lettura estenuante, che mi sembrava non dovermi portare da nessuna parte (cosa che in effetti è successa), e che probabilmente dovrò riaffrontare in seguito, con maggiore lucidità.
Per ora posso votare con un 6, ma è un voto che non mi sento di sottoscrivere appieno, forse perchè il romanzo aveva in serbo molto di più di quanto io sono riuscito a cogliere. 

T.M.

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