venerdì 12 aprile 2013

Giovane che legge

T.M.

Lovecraft: Teoria dell’Orrore

“I rapporti fra uomini non stimolano la mia fantasia. Semmai è il rapporto dell’uomo con il cosmo, con l’ignoto, che solo riesce ad accendere in me la scintilla dell’immaginazione creatrice. Il punto di vista antropocentrico mi riesce insopportabile, perché non posso condividerne la primitiva miopia che esalta il mondo trascurando ciò che vi sta dietro. Il mio piacere è la meraviglia, l’inesplorato, l’inaspettato, ciò che è nascosto e quell’alcunchè d’immutabile che si cela dietro l’apparente mutevolezza delle cose. Rintracciare quel ch’è remoto nel vicino; l’eterno nell’effimero; il passato nel presente; l’infinito nel finito; queste sono le fonti del mio piacere e di ciò che io chiamo bellezza”. (H.P. Lovecraft, “In Difesa di Dagon”, 1921)

Nelle vesti di critico e di teorico letterario, non meno che in quelle di straordinario narratore dell’orrore, H.P. Lovecraft non sarà mai lodato abbastanza. Basti citare il suo fondamentale “Supernatural Horror in Literature”, il primo vero studio sulla narrativa dell’horror e del mistero che sia mai stato scritto – ancora oggi una pietra miliare nel suo genere e manifesto, mai come oggi così attuale, delle inquietudini del terrore in letteratura – per rendercene conto.

Ma Lovecraft ha scritto anche tutta una serie di sue brillanti argomentazioni sulla materia presa in oggetto, l’horror e il fantastico (materia eterea, irreale, da cui nascono tutte le fantasie...) e in particolare il cosmic horror che è al centro della sua poetica, e le sue interpretazioni hanno anticipato quelle di noti critici e teorizzatori del genere come Tolkien, Borges e Caillois, con il fantastico inteso come alternativa o Mondo Secondario (“secondary world”) e il soprannaturale visto quale interruzione e violazione delle Leggi naturali che dominano la Realtà.

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