T.M.
Il campo di confronto per nuove idee, dove i sogni si scontrano con la realtà e fanno crescere la speranza.
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domenica 20 settembre 2015
martedì 15 settembre 2015
La voce delle ossa - Kathy Reichs

Ovviamente questo libro e con lui la storia che lo connette, seppur debolmente, agli altri, mi sento di consigliarlo a chi l'autrice la conosce almeno un pochino. Certo la lettura è possibile per tutti, non c'è che dire, ma per chi conosce la Reichs può apprezzare almeno un po' il suo modo di scrivere e quindi tralasciare anche alcune "mancanze" che in questi ultimi capitoli purtroppo ha così platealmente commesso.
Per entrare nel vivo del commento però direi che questa storia si lascia decisamente leggere; cosa voglio dire: la Reichs riesce a compensare le sue "mancanze", ossia quelle bellissime descrizioni del suo mestiere da antropologa forense che hanno sempre accompagnato i suoi libri e che anche per i profani, che si approcciano per la prima volta a questo mondo, vengono debitamente spiegato con i termini e le descrizioni più chiare e semplici, colmandole con un sistema che vira verso l'avventura, la caccia al colpevole, che anche se tende a snaturare un po' il personaggio di Tempe, facendolo somigliare più ad una poliziotta scapestrata e decisamente poco professionale, riesce a renderlo nuovamente divertente (negli ultimi capitoli credevo che ormai il suo personaggio dovesse fossilizzarsi in un manichino privo di emozioni ed in costante lotta contro il suo antico amore) "salvandolo dall'oblio".
Forse mi sono concentrato troppo a descrivere il processo narrativo dell'autrice e le sue variazioni più che descrivere l'opera, ma di per se questo romanzo non ha bisogno di grandi descrizioni, appare come un'avventura "senza freni" all'inseguimento del "colpevole", tra false piste e personaggi ambigui, dove forse l'unico dettaglio degno di nota è il lento recupero della relazione tra Tempe e Ryan, che in questo capitolo sembrano aver deposto le armi e tentano di lavorare spalla a spalla (per quel che ci riescono) portando il lettore alla conclusione di un mistero che tanto banale poi non era.
Valuto con un 6,5 , con la speranza che i prossimi capitoli risollevino ulteriormente il il carattere di questo personaggio che merita veramente di non perdersi nell'oblio dell'ovvio.
T.M.
lunedì 20 luglio 2015
22/11/'63 - Stephen King

Dico questo perchè se ci allontaniamo dalla sua produzione più "vecchia" fatichiamo molto a trovare qualcosa che attiri veramente la nostra attenzione, anche se devo dire che all'uscita di questo romanzo non ho dato molto credito neppure a questo volume, forse perchè l'ambientazione non mi attirava molto. E facevo male! Malissimo! Dopo qualche anno dalla sua uscita l'ho finalmente letto, sotto consiglio di un amico, e sono rimasto più che piacevolmente colpito, sono stato completamente catturato da questa storia, dai suoi personaggi e soprattutto, e sottolineo soprattutto, finalmente da un finale degno di questo nome, qualcosa che conclude la vicenda in modo completo senza però scivolare nell'assurdo, o nel banale. Comunque qualcosa che non è slegato dal resto, come spesso capita ai finali del povero King, sempre così abutuato a raccontare tante belle storie, ma non sapendo mai come concluderle in modo sensato, ammettiamolo.
22/11/'63 invece ci soddisfa appieno, sotto ogni punto di vista: da una trama scorrevolissima, colpi di scena tenui ma decisamente interessanti, descrizioni romantiche ma non prolisse, personaggi credibili ma non morbosamente maniacali ed esageratamente psicanalizzati. Tutto sembra trovare un eqilibrio, tanto che per un po' ho pensato che non fosse nemmeno davvero il vecchio King a scrivere! Non che non si ritrovi la sua mano, anzi, ma ogni cosa è dosata in modo talmente straordinario che fatichiamo a collegarlo al prolisso, per non dire estenuante, King di "La storia di Lisey", oppure al contorto e maniacale King di "Le creature del buio". Ma non è nemmeno il profondo King di "Shining" o di "Rose Madder", dove ogni parola era tagliente come una coltellata. Qui si assapora ogni momento, ma in piena tranquillità (non noia, badate bene. Non c'è un solo momento di tregua in questa storia).
Non voglio sbilanciarmi troppo perchè finirei per svelare una storia al contempo semplice ma anche decisamente complessa, perchè nella sua semplicità crea una concatenazione di sentimenti che si trasmettono dal protagonista al lettore tali da rimanerne sbalorditi; infatti leggendo questo romanzo non si può non sentirsi invischiati nelle spire del tempo, tanto che in alcuni momenti viene quasi voglia di scrollarsi per ritornare in sé e fare il punto della situazione, per non parlare del luogo in cui ci si trova, cosa che a momenti desta alcuni dubbi.
Ok, in poche parole l'ho adorato, e sono sicuro che tanti appassionati di King la penseranno come me, ma anche i nuovi lettori del Maestro non potranno non essere d'accordo, infatti questo romanzo può benissimo essere l'inizio di una grande passione per il vecchio Stephen.
Voto con un gran bel 10.
T.M.
mercoledì 8 luglio 2015
Felicità astratta

A volte mi sembra questo la felicità, un istante sospeso, dove ti sembra che potresti raggiungere tutto, con ognuno dei tuoi sensi, ma poi svanisce, lascianditi con la strana sensazione che non sia veramente esistito quel momento, o quella parola, o quel profumo, che sembravano racchiudere tutto e invece ti lasciano a bocca asciutta, dubitando non solo dei tuoi sensi ma anche delle tue emozioni.
T.M.
lunedì 11 maggio 2015
Ricordi sbiaditi

T.M.
lunedì 23 marzo 2015
Muri di vetro

Come fare? Ascoltare? Devo ancora ascoltare? Quella vocina insistente che mi pulsa nella testa? Ormai fa parte di me, ma se per un attimo la mettessi da parte forse potrei aprire gli occhi e vedere da solo la strada, anzi, forse la strada esisterebbe proprio per questo, perchè sarei io a costruirla, e non la fragilità dei miei pensieri, dei miei insistenti ragionamenti, delle mie assurde ossessioni che rendono inconsistente ogni passerella che collega i miei sogni alla vita. Potrei costruire quella strada con gli stessi mattoni con cui ho rafforzato le fondamenta dei miei obiettivi in passato, che pur avendo dovuto cambiare direzione sono comunque rimasti in piedi, perchè li ho percorsi, senza timore.
Inutile farsi scoraggiare, i muri di vetro ostacoleranno ogni giorno la nostra strada e noi ci andremo a sbattere il naso, ma sarà inutile fermarsi a guardarli con la faccia rivolta al cielo, aspettando una risposta, questi muri vanno infranti con la forza della decisione, con l'intento di proseguire, anche se ci si può far male.
T.M.
sabato 14 febbraio 2015
L' uomo scomparso - Jeffery Deaver

enti. Diciamo che sommariamente il ritmo è rimasto lo stesso, anzi, forse ancor più incalzante; nel complesso però l'opera mi è apparsa alquanto "carica", e a tratti confusa. Deaver sembra aver voluto inserire a forza troppi elementi, talmente tanti che sembrano smaterializzare completamente la trama del romanzo, rendendola un ammasso di tasselli che a stento compongono un quadro generale comprensibile e soprattutto accettabile. Non metto in dubbio la narrazione che è di ottimo livello, specialmente per i primi tre quarti del libro, mentre alla fine comincia a farsi un po' confusa, soprattutto per colpa dei continui colpi di scena. Quello che metto in dubbio è l'idea generale: era davvero necessario architettare una storia così complessa per raccontare la vicenda di un illusionista che vuole riscattarsi? Il tema di fondo è anche interessante, e soprattutto si presta benissimo ad essere utilizzato dal grande Deaver, infatti l'illusionismo e tutti i trucchi correlati fanno in modo che le vicende siano ancor più avvincenti ed enigmatiche, solo che mi sono reso conto che rispetto ad altri romanzi lo scrittore non spiega gradualmente i ragionamenti dietro alle analisi di Rhyme, per farci arrivare poi alle sue scoperte, ma piuttosto opta per il colpo di scena che viene poi svelato attraverso la spiegazione del modo in cui si è arrivati a tali conclusioni, una narrazione al contrario che compromette un po' il tutto, perchè anche se da una parte ci fa vivere la sorpresa, dall'altra non ci da la giusta suspense che ci si aspetterebbe da questi romanzi, quell'adrenalina derivante dalla ricerca fatta dai protagonisti per arrivare gradualmente alla soluzione di un enigma. Insomma, in poche parole la struttura, leggermente cambiata, compromette un po' il tutto, e la trama, un tantino abusata, storpia la conclusione del tutto, che di solito arriva ad un punto di sollievo, mentre qui lascia ancora sulle spine, seppure sia tutto finito e concluso, come se ci si dovesse aspettare ancora qualcosa, perchè per Deaver non è mai abbastanza in queste pagine.
Voto con un 6,5, non credo si meriti molto di più, avrebbe potuto sfruttare decisamente meglio il materiale che aveva a sua disposizione.
T.M.
venerdì 19 settembre 2014
Il matrimonio alchimistico di Alistair Crompton - Robert Sheckley

Questo romanzo in poche parole mi ha lasciato interdetto, confuso, persino nel finale, prevedibilissimo eppure allo stesso tempo inaspettato, perchè quando qualcosa è estremamente palese diventa l'ultima cosa che ci aspetteremmo, ma quando accade, quando ce lo troviamo davanti, capiamo che non poteva essere diversamente, bastava guardare un pochino più attentamente dentro noi stessi e ci saremmo accorti che era troppo ovvio, e che in altro modo non poteva andare. Anche perchè la vicenda di Alistair è la vicenda di tutti noi, la storia di ogni comune mortale insoddisfatto di ciò che ha, alla continua ricerca del pezzo mancante, di quel qualcosa che "sicuramente" può dargli la felicità. E non è l'altra metà, ma l'altra parte di noi stessi, quella che non sappiamo tirare fuori al momento giusto, quella che ci tirerebbe fuori da situazioni imbarazzanti, quella che ci farebbe fare bella figura quando invece sembriamo degli idioti. Ecco, quella parte di noi che ci rende frustrati perchè non compare mai al momento giusto, quel piccolo aspetto di una personalità che vorremmo cambiare per avere successo, con gli amici, con le donne, nel lavoro... ma esisterà davvero quella parte di noi? O è solo una scusa per non apprezzare ciò che siamo? Anche perchè si dice spesso: stavamo meglio quando stavamo peggio. E forse anche dentro noi stessi. Rifletteteci.
Voto con un 8 perchè è un romanzo (breve) davvero acuto, che merita di essere letto, e di farci una piccola riflessione.
T.M.
mercoledì 3 settembre 2014
The Tommyknockers - Le creature del buio - Stephen King
Cercherò di non di dilungarmi troppo, anche perchè sarebbe difficile fare un discorso coerente su questo testo, in quanto di coerente c'è ben poco da individuare all'interno si questo; parto dal fatto che l'idea di fondo è sostanzialmente molto simile a quella utilizzata per "The Dome", solo che qui viene utilizzata in modo decisamente diverso, e per alcuni aspetti in modo peggiore: la storia tratta sempre l'argomento alieno, anche se su "The Dome" non è immediatamente chiaro, mentre per il romanzo in questione viene praticamente subito definito, infatti protagonista è un'astronave aliena interrata, per la quale viene subito messa in atto un'azione di dissotterramento da parte di uno degli abitanti, che poi coinvolgerà l'intera comunità. Ecco l'altro punto in comune con "The Dome", anche qui l'influenza aliena agisce su una comunità ben definita, solo che nel caso di "The Dome" avevamo un limite invalicabile che separava questa dal resto del mondo, mentre in "The Tommyknockers" la barriera si crea gradualmente, e non è qualcosa di palpabile, ma solo un'atmosfera che diventa via via sempre più velenosa per chi non appartiene al ristretto gruppo della cittadina interessata dall'influenza dell'astronave.
E' difficile decidere quali sono i punti su cui soffermarsi, perchè per assurdo per "The Tommyknockers" sono molti gli aspetti trattati, anche se in maniera confusa, mentre per "The Dome" il contesto alieno è solo un pretesto per parlare del rapporto tra le persone che sono rimaste intrappolate, quindi una specie di analisi psicologica del genere umano. In "The Tommyknockers" l'aspetto umano è sempre forte, sarebbe ridicolo se non fosse così dato che le opere di King puntano sempre molto ad approfondire gli aspetti dei sentimenti umani e delle loro contraddizioni, solo che qui si fanno talmente foschi e assurdi che a volte sfugge l'idea di fondo che lo scrittore vorrebbe introdurci; sembra quasi che si abbandoni a patetiche scenette "horror" condite da profonde riflessioni interiori che però non portano da nessuna parte.
Ho arrancato per terminare questo romanzo, posso dirlo con tutta onestà. La fatica che ho messo per leggere questo testo non è stata ripagata dalla conclusione che ho raggiunto, anche se non me ne pento del tutto perchè mi ha permesso di vedere una serie di analogie tra due opere di King che sono decisamente diverse seppure di fondo molto uguali. Mi resta la domanda che credo sorgerà a tutti i lettori attenti come me: come mai King decide di "imitare" se stesso? Perchè sviluppare un tema che fondamentalmente è già stato sviluppato in un'altra opera? E soprattutto perchè farlo in due modi così diametralmente opposti tanto che l'efficacia di uno diventa un autentico buco nell'acqua per l'altro? Ok, "The Tommyknockers" è stato sviluppato prima, e "The Dome" è stato rimaneggiato dopo, forse ha potuto creare qualcosa che fosse una specie di risarcimento per quello che non era stata l'opera precedente.
E' difficile farne una valutazione, soprattutto alla luce della palese componente schizofrenica del romanzo. Voluta? Non voluta? Non saprei dirlo. Forse leggere questo romanzo con la sensazione di essere completamente fumati, o bevuti, era l'intento dell'autore, un modo per immedesimarsi con la "trasformazione" in opera in tutti i protagonisti, questa mutazione verso qualcosa di "malato" che degenera senza portare fondamentalmente a niente di concreto. Io sono dell'idea che l'opera sia confusa e basta, meriterebbe una sana "ristrutturazione", per non parlare di "chiarificazione", e comunque non mi sento di inserirla tra le migliori opere del maestro, anzi. Ha saputo sviluppare idee migliori negli anni, ed in modo molto più interessante, seppure prolisso.
Voto con un 5, perchè non me la sento di dare un voto più basso; però mi sarei attestato sul 4,5 scarso.
Lascio a voi la scelta di leggerlo oppure di scansarlo, certo se si vuole conoscere il maestro...bisogna accostarsi anche ai suoi lati più "oscuri".
T.M.
giovedì 10 luglio 2014
L'ultimo giurato - John Grisham _ L come legge - Sue Grafton
Ho deciso di dedicare un post a due degli ultimi libri che ho iniziato a leggere, ma non ho mai portato a termine. Mi sono detto: perchè non scrivere anche di ciò che non si riesce a leggere? Spiegare quello che ci ha portato ad abbandonare un romanzo, così da dare la possibilità agli altri di ragionare anche sulle nostre prime impressioni di un testo che non siamo riusciti a terminare.
Ammetto che è un argomento un po' scabroso per me, in quanto, per chi mi conosce, io non sono un tipo che facilmente riesce a lasciare un libro a metà, ma nemmeno un libro appena iniziato (figuriamoci quasi finito!).
Cercherò di spiegare quali sono i motivi per cui ho abbandonato questi romanzi:
L'ultimo giurato - John Grisham

Ecco il classico caso in cui ho cercato fino all'ultimo di arrivare alla fine, ma a meno di 100 pagine dalla conclusione giuro che volevo letteralmente lanciarlo dalla finestra (per non dire peggio), e mi costa un sacco dire una cosa del genere, perchè io odio, e ribadisco ODIO qualsiasi danneggiamento dei libri, di qualunque carattere siano, belli o brutti, romanzi o altro, per me i libri sono sacri. Questa reazione però nella mia vita è successa un'altra volta, e mi vergogno pure a dirlo, leggendo "Brava a letto", un esperimento che non si ripeterà mai più (almeno lo spero).
L come legge - Sue Grafton

Per riassumere, non intendo dire di evitare questi due romanzi, ma di prendere atto delle mie parole in merito; questo mi porta a valutarli entrambi al massimo con un 4, forse 5 per "L'ultimo giurato".
T.M.
lunedì 9 giugno 2014
Acque morte - W. Somerset Maugham
Suggestivo come sempre, il racconto di Maugham è questa volta un insieme di avventura, sentimento, mistero e cinismo (immancabile). Dico questa volta perchè ogni volta Maugham sa sorprendere il lettore co
n un nuovo soggetto, sempre diverso, sempre appassionante ma soprattutto sempre descritto in maniera superba.
In "Acque morte" troviamo inoltre una struttura narrativa abbastanza diversa dalle altre opere dell'autore; estremamente interessante il modo di introdurre i personaggi, accennando a ciascuno di loro prima, così che ci si possa fare un'idea di chi sono, e descrivendoli dettagliatamente poi, magari nei capitoli successivi, capovolgendo completamente l'immagine che ci siamo fatti di loro. E' come scoprirli volta per volta, dettaglio per dettaglio, vedendoceli illuminati dalla flebile luce di un cerino, per poi lasciarci sbalorditi quando improvvisamente li colpisce la luce accecante del sole.
Il protagonista poi è come pochi, un esemplare di "rara bellezza"; nella sua delicata noncuranza osserva tutto e viene osservato, ma non agisce in alcun modo per modificare gli eventi. E' una sorta di specchio dello spettatore che ci rappresenta e che ci accompagna ad osservare tutto ciò che accade, di tanto in tanto facendoci scivolare nella sua molle compostezza, che nonostante tutto non ci disgusta, seppur dovrebbe.
C'è poco da dire di questo romanzo, se non che va assolutamente letto, perchè è un romanzo che come pochi mette in scena l'assurdità della natura umana e le inaspettate conseguenze che può portare un viaggio fuori programma.
Voto con un 9,5. Non è il massimo, ma solo perchè amo soggetti diversi. Per la scrittura merita un 10 pieno.
T.M.
domenica 8 giugno 2014
Le età di Lulù - Almudena Grandes

Complessivamente posso dire che è un romanzo aggraziato, equilibrato, che va preso forse a piccole dosi e non con una lettura impetuosa come io invece l'ho affrontato, con la smania di capire la logica dell'intreccio e dei continui salti temporali. Bisogna farsi guidare delicatamente dalla sua trama, scoprendola un po' per volta, assimilandola, senza sforzarsi di capirla, e apprezzando la fine, nella sua semplicità, come un "puro" esempio d'amore, un sentimento che va oltre i confini, qualunque confine, e ti travolge lasciandoti intontito, a volte per giorni, a volte per anni, e a volte per sempre, facendoti dubitare di chi sei, ma facendoti sempre ritrovare negli occhi dell'altro.
Non fatevi sconvolgere dal tema trattato, non spaventatevi dalle parole utilizzate, questo libro va oltre la volgarità, perchè infatti dimostra la naturalezza degli istinti umani, e li racconta con la loro forma sinuosa, accattivante, scandalosa e a volte violenta, ma li racconta per mostrare l'altra faccia dell'amore, quello che a volte lega inconsapevolmente due persone.
Voto con un bel 8.5, ma ammetto che meriterebbe una seconda lettura.
T.M.
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