T.M.
Il campo di confronto per nuove idee, dove i sogni si scontrano con la realtà e fanno crescere la speranza.
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venerdì 13 novembre 2015
giovedì 12 novembre 2015
lunedì 2 novembre 2015
Il segreto di Caspar Jacobi - Alberto Ongaro

Come nel tradizionale sistema narrativo di Ongaro si rimane ammaliati dalle vicende, dai personaggi e dalle parole che li uniscono, eppure in questo romanzo non ho trovato lo stesso spirito "burlone" ma allo stesso tempo "mistico" che l'autore aveva saputo trasmettermi negli altri romanzi, e in particolare ne "La taverna del Doge Loredan" per l'appunto. Diciamo che in generale il romanzo procede bene, lasciandosi leggere, ma il tutto rimane tremendamente slegato per ricomporsi (circa) alla fine, ed anche abbastanza sbrigativamente ed in modo anche abbastanza "distaccato", ossia lasciando tutto in mano al lettore. Ok, l'autore ha forse voluto un po' prenderci in giro, quello che ha sapientemente fare in ogni suo romanzo, però qui la cosa gli è riuscita un tantino peggio; sarà l'ambientazione (New York), sarà il periodo, saranno dei personaggi che non si caratterizzano mai lungo tutta la storia, come se il romanzo si stesse scrivendo nello stesso istante in cui viene letto. E' decisamente apprezzabile lo sforzo di creare una suggestione di questo tipo nel lettore, qualcosa che ti permetta di confrontarti con il testo senza subirlo passivamente, eppure allo stesso tempo il sistema utilizzato risulta tremendamente disorientante (volontariamente? boh).
Posso valutare il romanzo solo attraverso due sensazioni: quella percepita durante la lettura, e quella in seguito alla conclusione del romanzo. Nel primo caso mi sono ritrovato in mezzo ad un labirinto di messinscene spesso poco interessanti e quindi "deludenti" per lo sviluppo di un romanzo, anche se poi mi sono reso conto che non era la logica quella che l'autore cercava in questo romanzo, bensì la "non logica", una specie di "mondo delle meraviglie" che scaturisce direttamente dalla testa di un romanziere. La seconda sensazione invece, quella della conclusione, è stata principalmente di sollievo, ma non per aver portato a termine il romanzo, anche perchè come ho detto si fa leggere tranquillamente, anche se non dà grandissime soddisfazioni a livello di "sorprese", ma per il fatto che non appare poi così scontato, e riesce in qualche modo a riscattarsi stravolgendo ulteriormente il piano narrativo e ribaltando chi legge verso l'ipotesi più banale, ma allo stesso tempo la meno ovvia, proprio perchè nasce da un percorso tortuoso "assurdamente logico".
In poche parole non è semplice valutare questo romanzo, eppure riesce a catturarti in qualche modo, e non ti lascia insoddisfatto. Posso quindi tranquillamente valutarlo con un bel 7, e sarei felicissimo di leggere altri pareri di persone che decideranno di affrontare questa lettura, così da poter in qualche modo confrontarmi con altre "percezioni" di questa storia.
T.M.
venerdì 23 ottobre 2015
Sconosciuti in treno - Patricia Highsmith

In questo caso la tensione è davvero tanta, ma soprattutto la frenesia dei personaggi avvinghia talmente il lettore da fargli vivere le stesse sensazioni. La narrazione parallela dei due protagonisti fa si che si passi da uno stato di sanità mentale ad uno completamente squilibrato, o annebbiato, a seconda delle circostanze, e mentre la narrazione prosegue queste due sensazioni si fondono, facendo quasi credere al lettore che il protagonista diventi uno solo tanto sono diventate simile le sensazioni dei due. Non posso dire molto di più perchè rischierei di rovinare la parte più bella del libro, ossia lo scoprire come si svolge la storia e come travolge le vicende di ognuno dei due protagonisti; posso però dire che la linea di confine tra sanità di mente e pazzia a volte può risultare davvero sottile, soprattutto quando una persona è sottoposta ad una tale pressione emozionale che sembra far esplodere corpo e mente. E' incredibile come l'autrice riesca a rendere possibile anche quello che credevamo impossibile, ossia come riesca a farci sembrare così normale (o comunque estremamente possibile) la pazzia, anche per chi si crede fermamente convinto di vivere in uno stato di perfetto equilibrio tra corpo e mente.
Non posso che valutare con un 9 pieno, ed anche se mi rammarico di aver iniziato questo libro in un periodo un po' difficile e quindi di aver un po' arrancato per la prima metà, mi sono reso conto che con lo stato d'animo giusto il resto della storia è scivolato via anche troppo velocemente. Quindi un consiglio: non leggetelo in momenti di forte pressione psicologica, ma solo quando avete la piena coscienza che ciò che state per leggere non può turbare le vostre menti.
T.M.
giovedì 8 ottobre 2015
domenica 20 settembre 2015
martedì 15 settembre 2015
La voce delle ossa - Kathy Reichs

Ovviamente questo libro e con lui la storia che lo connette, seppur debolmente, agli altri, mi sento di consigliarlo a chi l'autrice la conosce almeno un pochino. Certo la lettura è possibile per tutti, non c'è che dire, ma per chi conosce la Reichs può apprezzare almeno un po' il suo modo di scrivere e quindi tralasciare anche alcune "mancanze" che in questi ultimi capitoli purtroppo ha così platealmente commesso.
Per entrare nel vivo del commento però direi che questa storia si lascia decisamente leggere; cosa voglio dire: la Reichs riesce a compensare le sue "mancanze", ossia quelle bellissime descrizioni del suo mestiere da antropologa forense che hanno sempre accompagnato i suoi libri e che anche per i profani, che si approcciano per la prima volta a questo mondo, vengono debitamente spiegato con i termini e le descrizioni più chiare e semplici, colmandole con un sistema che vira verso l'avventura, la caccia al colpevole, che anche se tende a snaturare un po' il personaggio di Tempe, facendolo somigliare più ad una poliziotta scapestrata e decisamente poco professionale, riesce a renderlo nuovamente divertente (negli ultimi capitoli credevo che ormai il suo personaggio dovesse fossilizzarsi in un manichino privo di emozioni ed in costante lotta contro il suo antico amore) "salvandolo dall'oblio".
Forse mi sono concentrato troppo a descrivere il processo narrativo dell'autrice e le sue variazioni più che descrivere l'opera, ma di per se questo romanzo non ha bisogno di grandi descrizioni, appare come un'avventura "senza freni" all'inseguimento del "colpevole", tra false piste e personaggi ambigui, dove forse l'unico dettaglio degno di nota è il lento recupero della relazione tra Tempe e Ryan, che in questo capitolo sembrano aver deposto le armi e tentano di lavorare spalla a spalla (per quel che ci riescono) portando il lettore alla conclusione di un mistero che tanto banale poi non era.
Valuto con un 6,5 , con la speranza che i prossimi capitoli risollevino ulteriormente il il carattere di questo personaggio che merita veramente di non perdersi nell'oblio dell'ovvio.
T.M.
lunedì 20 luglio 2015
22/11/'63 - Stephen King

Dico questo perchè se ci allontaniamo dalla sua produzione più "vecchia" fatichiamo molto a trovare qualcosa che attiri veramente la nostra attenzione, anche se devo dire che all'uscita di questo romanzo non ho dato molto credito neppure a questo volume, forse perchè l'ambientazione non mi attirava molto. E facevo male! Malissimo! Dopo qualche anno dalla sua uscita l'ho finalmente letto, sotto consiglio di un amico, e sono rimasto più che piacevolmente colpito, sono stato completamente catturato da questa storia, dai suoi personaggi e soprattutto, e sottolineo soprattutto, finalmente da un finale degno di questo nome, qualcosa che conclude la vicenda in modo completo senza però scivolare nell'assurdo, o nel banale. Comunque qualcosa che non è slegato dal resto, come spesso capita ai finali del povero King, sempre così abutuato a raccontare tante belle storie, ma non sapendo mai come concluderle in modo sensato, ammettiamolo.
22/11/'63 invece ci soddisfa appieno, sotto ogni punto di vista: da una trama scorrevolissima, colpi di scena tenui ma decisamente interessanti, descrizioni romantiche ma non prolisse, personaggi credibili ma non morbosamente maniacali ed esageratamente psicanalizzati. Tutto sembra trovare un eqilibrio, tanto che per un po' ho pensato che non fosse nemmeno davvero il vecchio King a scrivere! Non che non si ritrovi la sua mano, anzi, ma ogni cosa è dosata in modo talmente straordinario che fatichiamo a collegarlo al prolisso, per non dire estenuante, King di "La storia di Lisey", oppure al contorto e maniacale King di "Le creature del buio". Ma non è nemmeno il profondo King di "Shining" o di "Rose Madder", dove ogni parola era tagliente come una coltellata. Qui si assapora ogni momento, ma in piena tranquillità (non noia, badate bene. Non c'è un solo momento di tregua in questa storia).
Non voglio sbilanciarmi troppo perchè finirei per svelare una storia al contempo semplice ma anche decisamente complessa, perchè nella sua semplicità crea una concatenazione di sentimenti che si trasmettono dal protagonista al lettore tali da rimanerne sbalorditi; infatti leggendo questo romanzo non si può non sentirsi invischiati nelle spire del tempo, tanto che in alcuni momenti viene quasi voglia di scrollarsi per ritornare in sé e fare il punto della situazione, per non parlare del luogo in cui ci si trova, cosa che a momenti desta alcuni dubbi.
Ok, in poche parole l'ho adorato, e sono sicuro che tanti appassionati di King la penseranno come me, ma anche i nuovi lettori del Maestro non potranno non essere d'accordo, infatti questo romanzo può benissimo essere l'inizio di una grande passione per il vecchio Stephen.
Voto con un gran bel 10.
T.M.
mercoledì 8 luglio 2015
Felicità astratta

A volte mi sembra questo la felicità, un istante sospeso, dove ti sembra che potresti raggiungere tutto, con ognuno dei tuoi sensi, ma poi svanisce, lascianditi con la strana sensazione che non sia veramente esistito quel momento, o quella parola, o quel profumo, che sembravano racchiudere tutto e invece ti lasciano a bocca asciutta, dubitando non solo dei tuoi sensi ma anche delle tue emozioni.
T.M.
lunedì 11 maggio 2015
Ricordi sbiaditi

T.M.
lunedì 23 marzo 2015
Muri di vetro

Come fare? Ascoltare? Devo ancora ascoltare? Quella vocina insistente che mi pulsa nella testa? Ormai fa parte di me, ma se per un attimo la mettessi da parte forse potrei aprire gli occhi e vedere da solo la strada, anzi, forse la strada esisterebbe proprio per questo, perchè sarei io a costruirla, e non la fragilità dei miei pensieri, dei miei insistenti ragionamenti, delle mie assurde ossessioni che rendono inconsistente ogni passerella che collega i miei sogni alla vita. Potrei costruire quella strada con gli stessi mattoni con cui ho rafforzato le fondamenta dei miei obiettivi in passato, che pur avendo dovuto cambiare direzione sono comunque rimasti in piedi, perchè li ho percorsi, senza timore.
Inutile farsi scoraggiare, i muri di vetro ostacoleranno ogni giorno la nostra strada e noi ci andremo a sbattere il naso, ma sarà inutile fermarsi a guardarli con la faccia rivolta al cielo, aspettando una risposta, questi muri vanno infranti con la forza della decisione, con l'intento di proseguire, anche se ci si può far male.
T.M.
sabato 14 febbraio 2015
L' uomo scomparso - Jeffery Deaver

enti. Diciamo che sommariamente il ritmo è rimasto lo stesso, anzi, forse ancor più incalzante; nel complesso però l'opera mi è apparsa alquanto "carica", e a tratti confusa. Deaver sembra aver voluto inserire a forza troppi elementi, talmente tanti che sembrano smaterializzare completamente la trama del romanzo, rendendola un ammasso di tasselli che a stento compongono un quadro generale comprensibile e soprattutto accettabile. Non metto in dubbio la narrazione che è di ottimo livello, specialmente per i primi tre quarti del libro, mentre alla fine comincia a farsi un po' confusa, soprattutto per colpa dei continui colpi di scena. Quello che metto in dubbio è l'idea generale: era davvero necessario architettare una storia così complessa per raccontare la vicenda di un illusionista che vuole riscattarsi? Il tema di fondo è anche interessante, e soprattutto si presta benissimo ad essere utilizzato dal grande Deaver, infatti l'illusionismo e tutti i trucchi correlati fanno in modo che le vicende siano ancor più avvincenti ed enigmatiche, solo che mi sono reso conto che rispetto ad altri romanzi lo scrittore non spiega gradualmente i ragionamenti dietro alle analisi di Rhyme, per farci arrivare poi alle sue scoperte, ma piuttosto opta per il colpo di scena che viene poi svelato attraverso la spiegazione del modo in cui si è arrivati a tali conclusioni, una narrazione al contrario che compromette un po' il tutto, perchè anche se da una parte ci fa vivere la sorpresa, dall'altra non ci da la giusta suspense che ci si aspetterebbe da questi romanzi, quell'adrenalina derivante dalla ricerca fatta dai protagonisti per arrivare gradualmente alla soluzione di un enigma. Insomma, in poche parole la struttura, leggermente cambiata, compromette un po' il tutto, e la trama, un tantino abusata, storpia la conclusione del tutto, che di solito arriva ad un punto di sollievo, mentre qui lascia ancora sulle spine, seppure sia tutto finito e concluso, come se ci si dovesse aspettare ancora qualcosa, perchè per Deaver non è mai abbastanza in queste pagine.
Voto con un 6,5, non credo si meriti molto di più, avrebbe potuto sfruttare decisamente meglio il materiale che aveva a sua disposizione.
T.M.
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