Come possiamo curare il "senso di noi" in un periodo denso di individualismo in cui l'interpretazione psicologica rinforza l'idea che le soluzioni che per prime vanno cercate sono rivolte alla protezione dell'Io, mentre vanno in seconda linea i rinforzi e il sostegno alle sensazioni di "appartenere, di sentirsi parte, dell'andare insieme". Se il modello prevalente è separativo questo non riguarda il divorzio delle coppie, am diventa un modello che va a rompere lo schema dell'altruismo nelle relazioni.
I rapporti devono beneficiare del rispetto delle individualità, senza però danneggiare il significato simbolico e operativo della solidarietà. Immaginare un mondo in ci eprimendo me stesso posso anche riconoscere e rispettare la vita degli altri e in particolare quella delle eprsone che amo, rappresenta forse un'utopia, ma densa di buon significato.
La costruzione di una reciprocità amichevole lascia inalterata la cura del proprio processo di individuazione se pensare e agire ricevono una legittimazione pur nella loro differenza senza il bisogno di ridurre tutti ad un unico copione. L'interpretazione psicologica non è innocente nel dare spazio ad alcune cose rispetto ad altre, così come non lo è la competizione continua che la televisione offre mostrando nei reality show, convivenze che mettono gli uni contro gli altri. Si vive insieme ma con l'obiettivo di tradire, di legarsi, di creare alleanze non come modello solidale, ma con l'obiettivo finale di vincere contro gli altri. Il modello della mediazione dice che si vince solo se vincono tutti, se esistono opzioni diverse e se è il "vivere con" e non il "potere contro", l'obiettivo della nostra fatica.
Individualità e rispetto
Nella vita delle coppie si può essere tentati di riprodurre un modello di opportunismo mascherato. Per tradizione dell'interpretazione psicologica il rapporto di coppia può essere costruito inizialmente in modo riparativo, per cercare di sanare gli aspetti che sono feriti dentro di noi, creando un modello relazionale con compiti curativi e di compenso e questo viene considerato un motivo importante nella creazione della coppia. I problemi arrivano quando per arginare le difficoltà che nascono dalla delusione e dal dolore si tende a rientrare nel nostro "copione doloroso". Al posto della persona reale che abbiamo davanti poniamo il modello della relazione che ci ha fatto soffrire e che abbiamo subito in infanzia.
Da quel momento il pensiero interno si nutre della ripetizione interpretativa che abbiamo usato in infanzia: l'altro è quello che ci fa soffrire senza motivo, che ci trascura, che non è come desideriamo e per reggere il dolore della delusione attuale rendiamo il/la partner sempre più simile al vecchio copione e al vecchio attore. Ripetiamo i comportamenti che erano stati utili per sedare l'ansia, interpretiamo i gesti, le parole in modo da assimilare quello che stiamo vivendo a ciò che abbiamo già vissuto. Il dolore, la paura di non essere capaci, di sedare la sofferenza che potrebbe arrivare ci porta a preferire una interpretazione del comportamento dell'altro/a simile a quello che abbiamo già conosciuto e sopportato e da cui siamo sopravvissuti. In quel momento la persona reale davanti a noi sparisce. A lei sovrapponiamo una maschera, riproduciamo i significati in modo da rendere prevedibili i modi cattivi; li interpretiamo in direzione di quello che sappiamo controllare e reggere. Ed è il primo segnale della depersonalizzazione dell'altro, non lo guardiamo più, a lui si è sostituito il vecchio copione e non la persona che vediamo.
I rapporti devono beneficiare del rispetto delle individualità, senza però danneggiare il significato simbolico e operativo della solidarietà. Immaginare un mondo in ci eprimendo me stesso posso anche riconoscere e rispettare la vita degli altri e in particolare quella delle eprsone che amo, rappresenta forse un'utopia, ma densa di buon significato.
La costruzione di una reciprocità amichevole lascia inalterata la cura del proprio processo di individuazione se pensare e agire ricevono una legittimazione pur nella loro differenza senza il bisogno di ridurre tutti ad un unico copione. L'interpretazione psicologica non è innocente nel dare spazio ad alcune cose rispetto ad altre, così come non lo è la competizione continua che la televisione offre mostrando nei reality show, convivenze che mettono gli uni contro gli altri. Si vive insieme ma con l'obiettivo di tradire, di legarsi, di creare alleanze non come modello solidale, ma con l'obiettivo finale di vincere contro gli altri. Il modello della mediazione dice che si vince solo se vincono tutti, se esistono opzioni diverse e se è il "vivere con" e non il "potere contro", l'obiettivo della nostra fatica.
Individualità e rispetto
Nella vita delle coppie si può essere tentati di riprodurre un modello di opportunismo mascherato. Per tradizione dell'interpretazione psicologica il rapporto di coppia può essere costruito inizialmente in modo riparativo, per cercare di sanare gli aspetti che sono feriti dentro di noi, creando un modello relazionale con compiti curativi e di compenso e questo viene considerato un motivo importante nella creazione della coppia. I problemi arrivano quando per arginare le difficoltà che nascono dalla delusione e dal dolore si tende a rientrare nel nostro "copione doloroso". Al posto della persona reale che abbiamo davanti poniamo il modello della relazione che ci ha fatto soffrire e che abbiamo subito in infanzia.
Da quel momento il pensiero interno si nutre della ripetizione interpretativa che abbiamo usato in infanzia: l'altro è quello che ci fa soffrire senza motivo, che ci trascura, che non è come desideriamo e per reggere il dolore della delusione attuale rendiamo il/la partner sempre più simile al vecchio copione e al vecchio attore. Ripetiamo i comportamenti che erano stati utili per sedare l'ansia, interpretiamo i gesti, le parole in modo da assimilare quello che stiamo vivendo a ciò che abbiamo già vissuto. Il dolore, la paura di non essere capaci, di sedare la sofferenza che potrebbe arrivare ci porta a preferire una interpretazione del comportamento dell'altro/a simile a quello che abbiamo già conosciuto e sopportato e da cui siamo sopravvissuti. In quel momento la persona reale davanti a noi sparisce. A lei sovrapponiamo una maschera, riproduciamo i significati in modo da rendere prevedibili i modi cattivi; li interpretiamo in direzione di quello che sappiamo controllare e reggere. Ed è il primo segnale della depersonalizzazione dell'altro, non lo guardiamo più, a lui si è sostituito il vecchio copione e non la persona che vediamo.
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