lunedì 17 settembre 2007

Gustavo Giovannoni: L’immagine dell’Architetto

Gustavo Giovannoni opera durante uno dei periodi più bui della cultura italiana: il ventennio fascista. Il linguaggio classico che emerge in Italia dopo la fine della prima guerra mondiale rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo del Razionalismo italiano. Gli architetti di questo periodo hanno come obiettivo comune quello di raggiungere una nuova e più razionale sintesi tra i valori nazionalistici del Classicismo italiano e la logica strutturale dell’epoca della macchina; ma non tutti tramutano questo obiettivo in una produzione architettonica totale e di alto valore.
Negli scritti di Giovannoni l’architetto appare come la figura integrale che debba comprendere in sé almeno tre componenti fondamentali: l’arte, la storia e la tecnica. Questi tre elementi si possono considerare alla base della crisi dell’architettura del XX secolo, il boom della tecnica, e l’accumularsi di numerose nuove esigenze a cui l’architetto viene chiamato a rispondere ha creato profonda confusione nel suo operare, le sue competenze si moltiplicano e così le necessità da soddisfare; molti hanno cercato di compiere una scelta, selezionare tra tecnica e arte, e naturalmente come fa notare Giovannoni l’errore principale sarebbe quello di mettere in disparte in questa scelta il ruolo della storia. Infatti la profonda conoscenza storica dell’architettura e del progredire di questa consente agli architetti di avere una visione d’insieme che li mette nella condizione di compiere nuove scelte, coscienti però di ciò che è stato, non necessariamente cancellandolo, ma neppure seguendolo come mito. Fondamentale dovrebbe essere la presa di coscienza da parte dell’architetto del modo in cui opera l’architettura nelle varie scale; prima di tutto egli dovrebbe vivere l’architettura dal punto di vista di colui che l’utilizza, il fruitore, il cittadino, pur tenendo presente la vastità dei livelli su cui l’architettura influisce, da quello territoriale a quello degli interni. Infatti Giovannoni sottolinea che nell’architetto «…il suo intelletto d’arte deve sapersi volgere tanto alle linee grandiose di un monumento quanto all’arredamento spicciolo di un interno…», ma per fare questo l’architetto deve rendersi conto di cosa significa tradizione, di cosa rende legata l’architettura al suo passato e cosa invece può renderla schiava di questo. La rivoluzione tecnologica della fine dell’800 ha profondamente cambiato lo sviluppo delle città ed il modo in cui l’architettura poteva adattarsi a questo. L’architetto entrava in una specie di crisi, doveva scegliere se assecondare la tecnica o continuare a legarsi alle solide radici della tradizione. Ma non sono sufficienti delle teorie che seguano un unico filone, un’unica “faccia” dell’architettura, per portare l’equilibrio nella crescita di un paese: l’architettura è cosa talmente complessa che presuppone l’organizzazione degli spazi secondo logiche che tengano conto dell’armonia delle relazioni che intercorrono tra questi, esige la presenza di tecnica e arte per rispondere alle esigenze dell’uomo. Fare della tecnica lo stendardo con cui muoversi nel XX secolo ha portato ad associare il soddisfacimento dei bisogni alla razionalizzazione delle forme. Difficile decidere anche cosa si intenda per razionalizzazione, se farne un metodo per generare modelli mirati al puro funzionalismo oppure uno strumento di controllo delle forme che organizzi gli spazi ad ogni scala basandosi su calcoli precisi, permettendo poi all’architetto di unirci lo spirito artistico che faccia del progetto un’opera e non solo uno strumento dei bisogni. Intendendo la razionalità secondo quest’ultimo obiettivo, ci si riferisce ad un processo che si costruisce sulla base di dati e di passaggi logici, di soluzioni ottimali rispetto al problema, e l’architetto è chiamato forse ad operare più in questo senso che non puramente alla ricerca di un linguaggio stilistico caratterizzato dall’assenza di ornato dalle superfici lisce ed unitarie che possa rappresentare al meglio funzione e periodo. E la razionalità era chiamata a rappresentare proprio questo, lo stile di un periodo, nello specifico quello italiano tra le due guerre, nel quale era messa in primo piano la necessità di nuova edilizia ed allo stesso tempo la rappresentazione del governo nascente, quello fascista. È probabilmente la combinazione di idealismo politico e valore militare che richiede un ritorno al Classicismo; ma come si vede nell’800 il Classicismo può essere strutturale (Henri Labrouste. Bibliothéque Sainte-Geneviève. Paris, 1838-50) oppure romantico (Schinkel), quando l’architetto decide di compiere una scelta tra funzione e senso estetico, tra struttura e forma, cosa che secondo Giovannoni era un grosso errore che poteva compiere un architetto non integrale. Questa scelta si ripropone appunto in un periodo come quello tra le due guerre, bisognoso di essere rappresentato ed esaltato. Perdere di vista dunque un obiettivo per prediligerne un altro, fare del ruolo dell’architetto quello del portatore di un nuovo spirito legato alle nuove esigenze, costituisce una spinta forte tale da strapparlo alle radici della storia della sua Arte. Però non tutti hanno operato secondo questa logica, personaggi come Wright hanno considerato l’espansione della città un fatto abominevole, un sacrificio al paesaggio. Ed è questo che deve forse fare l’architetto, ovvero commisurare il rapporto tra il luogo e l’edificio, operando sì dall’interno all’esterno, dalle esigenze reali alle espressioni d’Arte, come osserva Giovannoni, mantenendo però un carattere organico che non faccia di queste produzioni delle nuove macchine industriali in cui vivere. È importante dunque sottolineare che dal momento che l’arte architettonica diventa una formula artificiosa richiede quindi un insegnamento, ecco perchè Giovannoni nei suoi scritti insiste molto sull’importanza della cultura trasmessa agli architetti del ‘900. Questo non era necessario quando lo stile si trasmetteva ed evolveva naturalmente, ma nel XX secolo possiamo individuare rari casi, come ad esempio nella formazione di Wright, in cui la preparazione artistica, la conoscenza tecnica e quella storica dell’arte germogliano progressivamente grazie a stimolazioni che lo accompagnano sin dai primi anni di vita, quando la madre lo incoraggiava alla composizione con blocchetti modulari, cosa che secondo Giovannoni era fondamentale in quanto «…la preparazione artistica deve avere l’assoluta predominanza…un giovane può formare il proprio gusto ed acquistare un equilibrato senso delle proporzioni…quanto prima egli potrà appunto essere iniziato ad esercizi pratici ed elementari di composizione... ». Crescendo, Wright riesce a prendere la giusta distanza dalla tradizione, ne ingloba le componenti e sfrutta ogni elemento per valorizzarne la propria forza, crea dunque espressioni nuove con linee ed elementi conosciuti, un sapiente sguardo alla tradizione senza fermarsi su di essa ma compiendo una sapiente evoluzione dello stile. Osservando però il modo di operare di altri architetti ci si accorge come lo stesso Gropius sembra vivere sotto la duplice spinta di tradizione e funzionalismo, di arte e tecnica, cosa che ci può rendere perplessi di fronte alla sua produzione; egli è interessato a rivalutare le arti minori, creando anche una scuola come il Bauhaus, ma allo stesso tempo nega fortemente il legame tra architettura e arte come si sviluppa nella produzione di Le Corbusier. È dunque naturale presumere che egli faccia del rapporto con l’arte una conoscenza intrinseca che non riguarda le forme, mentre allo stesso tempo Le Corbusier insiste sulla parte Pdeuso-scientifica delle nuove figure, ricerca una legge di geometria elementare che coesista con il suo concetto di machine à habiter, esaltato quale fondamentale obbiettivo per assicurare alla gente una comunione tra vita domestica e vita lavorativa, un programma di regolamentarizzazione e di omologazione di funzioni sociali e di sensibilità individuali: l'abitare come agente di equilibrio sociale dentro e fuori il nucleo della famiglia.
Gropius fa dello stile, in questo caso il razionalismo, «una tecnica infallibile, la cui condizione che la determina e giustifica è la constatazione della crisi, innanzitutto crisi del sentimento» (Giulio Carlo Argan,”Walter Gropius e la Bauhaus”, Einaudi, Torino, 1951), un’opera quella di Gropius che s’inquadra nella crisi dei grandi ideali dopo la perdita della guerra, dove egli vuole fare dell’architettura uno strumento per una nuova organizzazione sociale. La razionalità è un metodo che gli permette di localizzare e di risolvere i problemi che l’esistenza viene continuamente ponendo, mentre per Le Corbusier la razionalità è un sistema per tracciare grandi piani che dovrebbero eliminare ogni problema. Il contrasto tra i due punti di vista si manifesta anche nei caratteri esteriori: Le Corbusier lancia proclami, pubblica manifesti, Gropius invece si chiude nella scuola, trasforma la sua teoria in una precisa didattica, la sua logica in una tecnica. Dal punto di vista dell’esaltazione della tecnica anche Giovannoni segue questo pensiero sostenendo che «l’adozione di un nuovo stile dipende dall’evoluzione della tecnica e non da quella delle arti architettoniche o visive», ma in modo altrettanto chiaro, secondo le sue idee si denota come nell’opera di Gropius manchi un giusto equilibrio tra le tre parti fondamentali del bagaglio di un architetto (storia, senso estetico e tecnica) e finisce quindi per prediligerne una che lo porta ad osservare un unico lato espressivo dell’architettura, rendendola di conseguenza fondamentalmente povera di significato e arida di sentimenti. Tornando quindi alla questione del fruitore, l’anima della produzione architettonica e ciò che la lega e la caratterizza al periodo in cui essa viene a svolgersi, ricerca del nuovo, funzionalità ed allo stesso tempo studio del passato, sono le cose che vendono richieste ai progettisti anche al giorno d’oggi, ma quando tutto ciò si tramuta in architettura l’architetto si trova di fronte al problema della tradizione contro l’omogeneizzazione. I nuovi luoghi che vengono a formarsi sorgono dalle esigenze delle persone di azzerare il loro senso di spaesamento, in un periodo in cui la gente si muove freneticamente da un luogo ad un altro l’esigenza principale è quella di sentirsi a casa, ed ecco che i luoghi assumono sempre più una valenza importante per l’individuo che li attraversa. Vige una sorta di “impero del presente” il cui fine è quello di tranquillizzarci, proponendoci la visione di un mondo costantemente sotto controllo. Come nella ripresa del classico, quindi, si rimane oggi ancorati a delle regole fisse, quelle della globalizzazione che, a differenza di uno stile, in cui i principi caratterizzano la formulazione di idee innovative, ma risultano funzionali perché strutturalmente corrette, queste nuove regole limitano la creatività ad una produzione praticamente seriale di luoghi che svolgono la funzione “nascosta” di far sentire le persone a “casa”. La logica rimane la stessa, l’architetto sente di dover compiere una scelta, e a volte lo fa in modo involontario spinto dall’impulso che prevale nel mondo, spinto dalle necessità impellenti, e se l’architetto non è così forte, o così preparato come Giovannoni lo indica professionalmente, cioè un architetto integrale che faccia della sua produzione un’opera completa, se in poche parole non riesce leggere dentro di se le matrici della storia come guida prima, l’impulso lo getterà a creare delle macchine, oppure delle opere d’arte fini a se stesse. La globalizzazione annienta l’identità dei luoghi, e l’architetto è chiamato ad arrestare questo processo, a generare luoghi confortevoli perché organizzati per rispondere ad esigenze concrete, ma rivestiti di bellezza che si fonda su regole comuni, “classiche”.
Come fa notare Giovannoni la produzione del ‘900 non riesce a mantenere l’antico ed allo stesso tempo non sa fare della nuova produzione degna delle basi da cui dovrebbe essere tratta, un’architettura che dovrebbe essere «dominata dalla proporzione perfetta», leggi del ritmo che sappiano fare di un disegno, seppur semplice, un’opera ricca di significato, pregna di tecnica quanto di senso estetico, artistico nonché coscienza storica dell’arte.

T.M.

domenica 16 settembre 2007

Mamme vip

Per chi non le avesse riconosciute: Marcia Cross aka Bree Van De Kamp (Desperate Housewives), Tori Spelling aka Donna Martin (Beverly Hills 90210) e Melanie Brown aka Mel B (Spice Girls).

Sushi e piante causano allergie

Da sempre al centro di studi e ricerce, le allergie sono il tema centrale di un convegno che mira a fare il punto della situazione. Arriva da Ancona, dove è in corso il secondo congresso nazionale dell'Associazione allergologi immunologi territoriali e ospedalieri (Aaiato), l'allarme sulle nuove allergie derivanti da sushi, integratori dietetici e medicine alternative, come preparati omeopatici e fitoterapici. Negli ultimi decenni si sono infatti moltiplicati i casi riscontrati, tanto che in occidente circa il 20% della popolazione ne soffre.
Per gli amanti del sushi, costituito in prevalenza da pesce crudo, esiste infatti il pericolo "anisakis", un verme marino noto come parassita del pesce, e causa di reazioni allergiche che spaziano dall'orticaria cronica all'anafilassi. Floriano Bonifazi, direttore del dipartimento malattie respiratorie e allergiche degli Ospedali Riuniti di Ancona e presidente dell'Aaiato, avverte che ad essere a rischio non sono solo i consumatori di sushi, ma anche coloro che optano per le nostrane alici marinate. Bonifazi non si sofferma solo sul problema del pesce crudo, ma sottolinea che nuove forme di allergia si nascondono dietro le cause più tradizionali. Ad esempio, i pollini possono depositarsi nella parte più profonda dell'esofago e causare disturbi. Il presidente dell'Aaito ammonisce poi sulle possibili allergie causate delle terapie olistiche e naturali: "ogni volta che si introducono nell'organismo sostanze farmacologicamente attive e' inevitabile il rischio di reazioni avverse, indipendentemente dall'origine sintetica o naturale dei principi attivi utilizzati e dalla loro diluizione.'' Pur trattandosi infatti di prodotti naturali, l'uso avviene spesso fuori dal controllo medico e non è dato quindi sapere quali reazioni allergiche possano intervenire. Spiega poi Bonifazi che non è possibile neanche strutturare una casistica dettagliata, in quanto: ''non essendo i preparati di erboristeria o omeopatici assimilati ai farmaci, poichè sono catalogati come "rimedi", non c'e' obbligo di riferire di eventuali reazioni avverse''. Se dei prodotti naturali e, più in generale, della medicina alternativa si fa grande uso, a questo non corrisponde però una regolamentazione sui prodotti impiegati, così come accade in Italia. Ad invitare i paesi dell'Unione Europea ad intervenire su queste mancanze legislative è la European Agency for Evaluation of Medical Produicts, sostenitrice di una nuova normativa sulla materia, che segua le linee guida dell'Oms. Le conseguenze di un uso non controllato, si parla di quantità e qualità dei prodotti impiegati, può infatti essere fonte di gravi problemi. I circa 700 allergologi del congresso di Ancona sono poi convinti che a peggiorare la situazione ci siano anche altri fattori. Dietro alla mancanza di controlli si nascondono infatti i pericoli rappresentati da vere e proprie truffe, come la presenza nei prodotti, dichiarati naturali, di componenti cortisonici e metalli pesanti. La stessa camomilla, o il ginseng, sono prodotti assai diffusi, ma possono nascondere insidie derivanti dal loro processo di sintetizzazione dei metabolici secondari, da cui potrebbero derivare azioni tossiche o mutagene. Anche per gli integratori dietetici, di cui fanno parte la pappa reale e l'aspartame, si segnalano casi di allergie. Ciò che occorre è quindi una nuova normativa sulla materia, che regoli e vigili sulla somministrazione e l'uso delle medicine naturali, così come sui prodotti interessati.

martedì 11 settembre 2007

L'ultimo inquisitore

Un film che lascia storditi, col sorriso amaro di chi, grazie a una colpo di pennello, scopre insieme arte e miserie dell'esistenza.
Sono d'accordo con questa affermazione della critica, soprattutto per il fatto che lascia storditi, infatti questo film è un susseguirsi di eventi, un interminabile girandola di personaggi dove si vedono cambiare i caratteri ma non le persone, dove ogni movimento è brutalmente impresso nel tratto di Goya, e così ogni sentimento, ogni emozione, tutto sembra grottescamente statuario ed allo stesso tempo terribilmente vivo, e spaventoso.
Ci si sente storditi quanto il pittore protagonista, nella sua sordità, rincorre gli altri personaggi confuso non meno di quelli che l'udito non lo hanno perso, perchè c'è una sorta di spaesamento generale, dove l'unica cosa che rimane chiara è la luce che freddamente illumina tutto, e accompagna indistintamente le immagini reali e quelle impresse nella carta.
Credo di poter assegnare un 8 senza troppi scrupoli, ma ritengo che sia un film di una certa portata che per essere digerito ha bisogno di almeno una seconda visione.

T.M.

Carte d'identità





Reklama Marcia Cross Nicolette Sheridan




lunedì 10 settembre 2007

Un ponte per Terabithia

Una favola, un film che risveglia, in chi glielo permette, una magia interiore, una luce che magari si credeva aver perso. A me ha fatto questo effetto, mi ha riportato dove tutto è possibile, un viaggio in luoghi che esistono solo se ci credi, ed è proprio questo crederci la sfida, una lotta con il tempo e con la realtà dove le uniche armi sono l'ottimismo e gli occhi della serenità, perchè tutto può essere più bello se lo si sa guardare dalla giusta prospettiva.
Sognare non ha età, anche se qualcuno crede di sì, e riscoprire che si può ancora sognare ti può dare un'arma in più; questo film ci aiuta a farlo, in un modo innocente, ed allo stesso tempo con una grande potenza interiorie che ci lascia stupiti di tutto quello che ci lasciamo sfuggire ogni giorno, di tutto quello che "non riusciamo a vedere".
E' una storia di sogni, e una storia di gioia, cose che non si scoprono con gli occhi, ma con il cuore.
Voto con un 7,5, e ammetto che non mi sarei mai aspettato di apprezzare tanto un film come questo, perchè forse anche io mi ero dimenticato come si fa a sognare.
T.M.

Richiamo

A volte mi capita di chiedermi da dove nasca la dipendenza da una persona; dipendenza in senso positivo, quella sensazione che non ti permette di vivere quando c'è anche una minima distanza che separa, anche un semplice vetro, come quello di un finestrino, e allora ti senti soffocare, perchè l'ossigeno sparisce, e ti manca la terra sotto i piedi.
Da dove nasce questa sensazione? Cosa tiene così unite due persone? Un filo invisibile forse, legato ai due cuori; un vincolo che fa di ogni lacrima una promessa e di ogni sorriso un dono speciale. E' forse questo l'amore, che strugge l'anima e uccide il cuore quando solo la voce può tenere uniti, solo un contatto invisibile che fa fremere di rabbia, e allo stesso tempo di passione.
Credo non sia un filo invisibile, credo invece che qualcosa ci manchi, qualcosa che ci fa soffrire perchè lo rivogliamo, qualcosa che non abbiamo perso, ma che non è con noi. E' la metà del nostro cuore, riposta in un luogo speciale, che batte lontano da noi, e fa appello alla sua metà, in un debole richiamo d'amore.

T.M.

La nuova famiglia di Wisteria Lane

Abbiamo già detto che nella quarta stagione di Desperate Housewives una nuova famiglia farà il suo ingresso a Wisteria Lane: si tratta dei Mayfair, interpretati da Dana Delany e Nathan Fillion, con figlia al seguito (Dylan, interpretata da Lyndsy Fonseca). Katherine Mayfair ha in realtà già vissuto a Wisteria Lane, e pare che la famiglia sia tornata a Fairview da Chicago per le esequie della zia, Mrs. Sims (Ellen Geer), ma anche, Marc Cherry, dixit, perché qualcosa di “poco chiaro, professionalmente parlando” è successo ad Adam, il marito ginecologo di Katherine. Stando a quanto trapelato, Katherine sarà una perfezionista ossessionata dal controllo, e sarà probabilmente presentata ai telespettatori nel corso della seconda puntata, quando Bree andrà a portarle il consueto regalo di benvenuto (una torta al limone). “Ho sempre desiderato creare un personaggio che tutti ameranno odiare”, ha detto Cherry, aggiungendo che Katherine è ispirata al personaggio di Amanda (Melrose Place).
I flashback di Katherine, inoltre, permetteranno ai telespettatori di scoprire i panni sporchi di Wisteria Lane. Alla Delany era già stata offerta la parte di Bree, ruolo che l'attrice aveva rifiutato per ben tre volte: “Avevo già fatto Pasadena, ha spiegato la Delany, e mi sembrava che il ruolo fosse molto simile. E’ molto raro avere una seconda occasione nella vita. Sono veramente onorata di questo”. Quantoa Fillion, l’attore ha detto che il suo manager gli ha chiesto: “Se qualcuno ti dicesse ‘Che tipo di dottore vorresti interpretare a Wisteria Lane, cosa risponderesti?’ Un ginecolo, ho risposto, così da poter interagire con tutte le donne”. L’attore non ha comunque speficato se queste ‘interazioni’ comprendano anche eventuali relazioni amorose con le altre casalinghe, anche se pare che il suo mestiere avrà un peso importante nella storia, probabilmente a proposito della falsa gravidanza di Bree. Infine, la figlia: Dylan/Lyndsy Fonseca era la migliore amica della figlia di Susan, finché sua mamma non ha deciso di lasciare la città. Soffre di amnesia, e non ricorda l’amicizia tra lei e Julie, adombrando il sospetto che qualcosa di terribile sia successo nella sua infanzia.
In più leggendo gli spoiler qua e la, gli autori fanno sapere che: Edie Britt non muore! Tornano gli Applewhite! Arriverà la madre di Tom! Gabrielle e Carlos torneranno assieme! Per ora è tutto!



The Sims 2

The Sims 2 è un videogioco di simulazione di vita reale sviluppato dallaMaxia e distribuito dalla EA Games. Si presenta come il seguito di The Sims, il videogioco più venduto di tutti i tempi. I produttori si sono molto impegnati nel rendere in questa nuova versione ancor più realistiche le dinamiche del gioco anche tramite la nuova grafica tridimensionale.
I Sims sono gli abitanti di SimCity e i protagonisti di questo gioco. L'attenzione infatti viene spostata dal controllo della città, al controllo delle singole famiglie di abitanti. Al primo avvio del gioco, sono già presenti diverse famiglie di Sims, divise nei 3 quartieri di Bellavista, Stranizia e Verona Creek. Tuttavia, è possibile creare infiniti Sim con l'uso dell'editor, il Create-A-Sim (abbreviato in CAS). L'editor, già presente in The Sims 1, è dotato di numerose funzionalità aggiuntive, fra le quali la possibilità di modificare i tratti somatici dei Sim e la maggiore libertà nella scelta dei vestiti.
Partendo dalla determinazione che il videogioco sia, per certi aspetti, una pura arte a metà strada tra la fantascienza e la psicologia, The Sims 2 rappresenta perfettamente l'evoluzione in tal senso, l'attuale stato dell'arte.
Non sono poi tanti i giochi come questo che
ridefiniscono i confini del genere allargandoli ad ampiezze fino ad allora impensabili e ogni volta che ne esce uno, ci ritroviamo di fronte a una nuova era.
L'evento
The Sims 2 introduce nuovi concetti nell'intrattenimento elettronico ed è una degna evoluzione della prima versione uscita nel 2000, che ha raggiunto la stratosferica cifra di 36 milioni di copie vendute nel mondo! Mai come in questo caso si può dire che siamo di fronte ad un mondo interattivo, intendendo per questo una riproduzione credibile della realtà, al punto che via internet si raccontano le vite virtuali dei personaggi scaturite da semplici partite, trasformando i giocatori in generatori di storie, esperienze, sentimenti.
Caso raro, perfino il mondo accademico ha osservato con interesse questo fenomeno, al punto che certi psicologi utilizzano il gioco per simulazioni sociali, mentre una scrittrice francese è giunta a trasporre il gioco nella letteratura (Corpus Simsi, di Chloë Delaume, http://www.chloedelaume.net/r4). Insomma, non si parla a sproposito di "evento" in occasione della seconda venuta tra la comunità dei giocatori di questo game rivoluzionario.
Ciò che rende
The Sims 2 un'esperienza unica sta nel fatto che per la prima volta si riproduce un mondo reale quotidiano, molto più immersivo rispetto al suo fortunato predecessore, permettendo l'interazione di personaggi simulati cui viene conferito uno spessore psicologico in tempo reale con un impatto ragionevolmente credibile. In effetti il gioco permette di creare a proprio piacimento dei personaggi simulati che verranno introdotti in un mondo virtuale e di svilupparne le vite in base alle proprie scelte e interessi. Insomma, partendo da premesse simili al "Grande Fratello", ovvero vedere come si comportano delle cavie di fronte a situazioni quotidiane, il gioco prende vita propria, naturalmente tenendo conto dal fatto che siamo sempre di fronte a una realtà virtuale e pertanto soggetta alla pura combinazione tra variabili. Ma la novità sta proprio nello spaventoso numero di queste variabili che intervengono nella vita simulata dei nostri personaggi rendendoli ragionevolmente degni di credibilità.
Senza giri di parole, bisogna ric
onoscere che vengono dettate nuovamente le regole del divertimento, inserendo tra l'altro una componente non secondaria di "umana sensibilità" nel far evolvere i "nostri"; un particolare assolutamente determinante per la riuscita del gioco che spiega chiaramente perché anche il pubblico femminile si sia sinceramente e massicciamente appassionato.


Sito The Sims 2



Desperate Housewives - Season 4 Premiere





Mappa visitatori