venerdì 5 ottobre 2007

Il grande capo

Il film forse non è all'altezza del mestro Lars von Trier, ma lo stile è impeccabilmente il suo, e lo ritroviamo tanto nelle immagini quanto nell'epilogo, smascheramento della contradditorietà umana quanto giustificabile riscatto, quello che ogniuno di noi aspetta ogni giorno della sua vita. Forse il film non ha la profondità delle altre opere del regista, ma sicuramente può ritenersi la chiave pseudo-comica della sua morale, e quindi riesce bene a farci intravvedere la sua mano ed il suo talento, anche dove l'assurdità dei personaggi predomina rispetto ad una psicologia profonda e affascinante come quella di Dogville.
Voto con un 7,5 perchè il fascino non manca di certo, neppure nella commedia.

T.M.

giovedì 4 ottobre 2007

Apocalyptica - Faraway (9 POTA)




Quentin Tarantino

Tutte capacità che gli derivano, in parte, da un altrettanto talento assimilatorio, corredo genetico di ogni vero cinefilo che si rispetti: chi lo conosce sa che, oltre ad aver consumato un numero impressionante di pellicole senza nessun criterio selettivo (anzi, le sue preferenze, va da sé, vanno ai B-movie, oppure alla loro sublimazione, come nel caso del suo regista prediletto, Sergio Leone), Tarantino è in grado di citare a memoria i nomi degli attori più sconosciuti comparsi nei film più improbabili.
La molla di questa foga visiva è forse il frutto di una profonda solitudine? Nessuno può Per l'impatto sull'immaginario visivo del suo tempo qualcuno paragona Quentin Tarantino ad un mostro sacro consolidato quale Orson Welles. Di detrattori, in effetti, il regista americano (nato il 27 marzo 1963 a Knoxville, in Tennessee), ne ha ben pochi. E anche quelli che si ostinano a vedere in lui solo il prodotto pop e generazionale di una certa cinematografia portata all'estremo, non possono fare a meno di negare il talento affabulatorio assolutamente originale, così come la capacità di scrittura che gli permette di inventare storie strampalate o confezionare scombinati quanto divertentissimi dialoghi.dirlo, ma sta di fatto che Quentin a soli due anni si trasferisce con la madre diciottenne, da poco separata, a Los Angeles; Tarantino passa molto tempo a guardare film e leggere fumetti. Queste passioni presto si trasformeranno nella sua ragione di vita.
A diciassette anni abbandona la scuola per iscriversi ad un corso di recitazione pagando le rette con i guadagni di lavori saltuari per la maggior parte molto umili. Nel 1985 inizia a lavorare in un negozio di noleggio di videocassette e inizia a scrivere le sue prime sceneggiature. Nella videoteca di Manhattan Beach, dove trascorre tutto il giorno a guardare, discutere e consigliare film, Tarantino lavora alla sua prima opera: "Una vita al massimo", l'incubatore cartaceo di molti suoi capolavori (diventata poi una mega produzione realizzata da Tony Scott).
In quel periodo conosce il regista e produttore Roger Avary grazie al quale esordisce come regista nel 1992 con "Le iene - Cani da rapina", realizzato con pochissimi mezzi ma già in odore di capolavoro.
Il talento e la mano originale sono indiscutibili, così come la capacità di tener incollato lo spettatore alla sedia. La critica lo incensa, lui è scatenato e così scrive anche il soggetto di "Natural Born Killers" per Oliver Stone, anche se proprio con quest'ultimo avrà aspri dissapori, tali che il regista arriverà a cancellare il suo nome dai titoli di testa del film.
Il 1990 segna una svolta nella vita del regista che abbandona Manhattan Beach e si trasferisce ad Hollywood dove trova lavoro in ambito cinematografico in una piccola casa di produzione. Con il film "Pulp Fiction" (con John Travolta, Samuel L. Jackson, Uma Thurman, Bruce Willis) vince la Palma d'Oro a Cannes e conquista sette Nominations ad Hollywood ottenendo l'Oscar per la sceneggiatura. La pellicola diventa subito un cult.
Ormai Tarantino è un nome: tutti si aspettano il secondo capolavoro.
Invece Quentin incappa in qualche passo falso. Partecipa alla sceneggiatura, produce e interpreta un divertito thriller-horror, "Dal tramonto all'alba" (1995, con George Clooney e Harvey Keitel), di Robert Rodriguez, non certo un capolavoro. Con Antonio Banderas, Salma Hayek e Steve Buscemi è nel cast di "Desperado", sempre di Rodriguez.
Nel 1996 dirige un episodio del film corale "Four rooms", non proprio riuscito.
Nel 1998 dirige "Jackie Brown", tratto da un romanzo di Elmor Leonard, un episodio leggermente inferiore della saga pulp tarantiniana.
Dal 1994 ha una propria casa di produzione dal nome "A Band Apart", attiva non solo in campo cinematografico, ma anche nella pubblicità e nella produzione di videoclip musicali.
La sua ultima fatica è "Kill Bill" (2003), esplicito omaggio ai film di serie B in voga negli anni '70 che ha fatto gridare i fan al Tarantino ritrovato.
Negli anni successivi si è dedicato a varie collaborazioni come "Sin City" (2005), in cui ha affiancato il regista Robert Rodriguez e Frank Miller per la trasposizione cinematografica del fumetto dello stesso Miller; ha poi girato alcuni episodi della fortunata serie tv "CSI - Crime Scene Investigation".
Nel 2007 torna nelle sale americane insieme a Rodriguez con "Grindhouse", double feature in omaggio al collaudato mix di violenza, sesso, splatter e horror di cui i due sono "cuochi" maestri.

Angels

mercoledì 3 ottobre 2007

Happy ending - Mika




Indifferenza

Rubo
attimi di gioia dai tuoi occhi,
Nascondo le mie emozioni;
sorrido,
ed è come cadere.
Il vuoto mi inghiotte
eppure ti vedo,
immobile
davanti ai miei occhi.
Rido,
ed è come volare,
con deboli ali di cera
e sparire,
da solo,
nel buio del tuo cuore.

T.M.

Attimi sospesi

Si può essere felici in tanti modi: vedendo qualcuno sorridere, meravigliandosi di quello che ci circonda, scoprendo qualcosa che credevamo di aver dimenticato da tempo, oppure solo sospendendo lo sguardo, per un momento, non pensando a niente, e lì, con la mente vuota, vagare fra le infinite possibilità, giungendo alla conclusione che solo nel caos siamo felici, in quel caos, dove la voce del nostro silenzio viene smorzata dal rumore della vita.

T.M.


martedì 2 ottobre 2007

Wig in a box - Hedwig and the angry inch




Le orchidee

Descrizione:
Pur appartenendo ad un'unica famiglia botanica, quella delle Orchidaceae, comprendono un elevato numero di specie, generi e varietà, sia spontanee che coltivate, che rende la loro classificazione estremamente complessa. Sono diffuse un po' ovunque ma per la maggior parte sono originarie delle zone umide della fascia intertropicale. In Italia abbiamo circa 85 specie spontanee, distribuite nelle zone umide sia di montagna che in prossimità delle coste, molte delle quali estremamente rare e in via di estinzione e come tali protette dalla raccolta indiscriminata.
Le Orchidee hanno habitat molto differenti: la maggior parte sono epifite (posseggono solo radici aeree) o semi-epifite, per cui in genere vivono su rami e tronchi di altre piante o su rocce coperte da un sottile strato di frammenti vegetali, muschi e licheni; altre specie sono terrestri, come quelle diffuse nei climi temperati, mentre altre ancora sono sotterranee e semi-acquatiche. "Classificazione delle Orchidee"
Lo stelo in genere è eretto
, anche se in alcuni casi, come nella Vanilla Planifolia, dai cui frutti si ricava la vaniglia, è strisciante o rampicante. In diverse specie si trovano dei particolari steli tuberizzati, detti pseudobulbi, che fungono da organi di riserva dell'acqua e delle sostanze nutritive; per un buon accrescimento è indispensabile che l'Orchidea ne abbia almeno due. "Anatomia delle Orchidee"
Anche le radici hanno degli organi di riserva, i tubercoli radicali, dal
cui particolare aspetto le orchidee prendono il nome (infatti in greco "orchis" significa testicolo); dei due normalmente presenti uno è bianco e turgido e serve ad alimentare il germoglio del successivo anno, mentre l'altro, scuro e grinzoso, ha nutrito la vegetazione in corso. Tutte le Orchidee, perlomeno negli stadi giovanili, stabiliscono una simbiosi con specifici funghi situati nelle radici, che le riforniscono di azoto e vitamine indispensabili per il loro sviluppo (nella pratica vivaistica vengono somministrate artificialmente). Le foglie sono per lo più semplici, allungate e prive di picciolo e nelle forme epifite partono dagli pseudobulbi. I fiori sono di forma, colori e dimensioni svariati, solitari o riuniti in infiorescenze, terminali o all'ascella delle foglie. Le orchidee sono quasi tutte allogame (cioè ad impollinazione incrociata), per cui in natura mettono in atto tutta una serie di stratagemmi per favorire il contatto del polline con i pronubi (insetti, colibrì, pipistrelli, lumache), dal momento che la scarsa produzione di nettare dei loro fiori non consente di attirarli in altro modo; ad esempio in molte specie hanno un aspetto che ricorda le femmine di certi insetti, oppure altre emanano odori caratteristici che richiamano i maschi e hanno il polline ricoperto da una sostanza vischiosa cosicchè aderisca al loro corpo. Le orchidee vengono coltivate per la spettacolare bellezza dei loro fiori; perdonerete l'espressione ma è ricorrente oramai chiamarle il Viagra delle piante. Vengono commercializzate principalmente come fiori recisi; tuttavia, diverse specie e varietà hanno nel complesso un notevole valore ornamentale per cui, allevate in appositi vasi o cestini sospesi, possono creare nei nostri appartamenti un angolo verde di particolare suggestione.
Tecnica di coltivazione:
In genere le Orchidee prediligono substrati tendenzialmente acidi, soffici e ben aerati, poveri di elementi minerali; i materiali tendenzialmente impiegati sono costituiti da miscugli di torba, sfagno (muschio che cresce nelle torbiere), foglie e corteccia di conifere, radici di felci, terra di bosco. Mentre per le specie epifite il substrato ha principalmente una funzione di sostegno, per le specie terrestri ha una funzione trofica (nutritiva). Molto spesso le specie epifite o semiepifite vengono coltivate sospese in cestini di legno o filo metallico, su "zattere" di corteccia miste a materiali spugnosi, che mantengono ottimali i livelli di umidità intorno alle radici. In genere le orchidee sono poco esigenti in elementi nutritivi; la soluzione nutritiva ottimale deve contenere il doppio dell'azoto rispetto al fosforo e al potassio e va sostituita con una frequenza variabile da 7-15 giorni a 3-4 settimane, a seconda delle esigenze della specie e del periodo stagionale. Annaffiatura:
In ambienti riscaldati e durante la stagione calda, l'irrigazione deve avvenire da 2 a 4 volte la settimana, mentre nella stagione fredda si può ridurre ad una volta la settimana, soprattutto per le epifite, a meno che non siano coltivate sospese per cui, essendo esposte all'aria, hanno bisogno di più interventi irrigui. Per le specie originarie di zone con periodi siccitosi, è bene sospendere le innaffiature in corrispondenza di questi periodi; inoltre le specie dotate di pseudobulbi possono immagazzinare acqua anche per lunghi periodi. Molto dannosi sono gli eccessi idrici che provocano ingiallimenti e degradazioni dei pseudobulbi, con fuoriuscita delle radici dal vaso. E' inoltre importantissimo evitare che l'acqua ristagni nelle foglie o nei fiori, provocando così dei marciumi; si consiglia di usare acqua piovana e non di rubinetto, che contiene cloro a cui le Orchidee sono particolarmente sensibili. Esigenze climatiche:
Le esigenze climatiche delle diverse Orchidee variano notevolmente in relazione alla loro diversa origine geografica e per uno stesso individuo, a seconda della fase del ciclo biologico; in Italia la loro coltivazione avviene esclusivamente in ambienti protetti e accuratamente climatizzati.
In ogni caso le Orchidee amano la luce ma non l'esposizione diretta ai raggi solari e le temperature dei nostri appartamenti d'inverno sono in genere soddisfacenti per le loro esigenze. Tuttavia temperature troppo diverse da quelle ottimali possono provocare delle deturpazioni nelle foglie e nei fiori.
Lo stesso discorso vale anche per l'umidità ambientale, che se è eccessiva provoca la comparsa di macchie sui fiori, mentre se è troppo bassa provoca ingiallimenti e raggrinzimenti della vegetazione. Soprattutto per le epifite è meglio umidificare l'ambiente che bagnare direttamente il substrato.Malattie e danni:
Poiché la maggior parte delle Orchidee coltivate in serra e vendute come piante d'appartamento sono originarie di zone tropicali o subtropicali, oppure sono ibridi ottenuti in vivaio con particolari tecniche di fecondazione incrociata tra specie e generi diversi, non trovano nei nostri ambienti i loro naturali parassiti e i vettori di specifiche malattie. Per questo motivo sono quindi soggette per lo più a fisiopatie, cioè ad alterazioni provocate da condizioni di temperatura, luce ed umidità non favorevoli al loro armonico sviluppo.

Il fattore luce, se non adeguato, manifesta i seguenti danni nelle piante:

- formazione di germogli deboli e sottili
- mancata formazione della gemma fio
rale
- accartocciamento delle foglie

sono sintomi di illuminazione insufficiente, a cui si può rimediare con l'illuminazione artificiale.

Nei mesi invernali si dovrebbero alternare 12 ore di luce con 12 ore di buio


Viceversa:


- ingiallimento e appassimento delle foglie
- comparsa di anomala colorazione rossa nelle foglie
- decolorazione e deformazione dei fiori

sono sintomi dovuti ad eccessiva illuminazione, accompagnata da elevate temperature ed umidità ambientale scarsa.
Fattore umidità
,

- ingiallimento delle foglie

- degradazione dei pseudobulbi

- fuoriuscita delle radici dal vaso


dipendono in genere da eccessiva innaffiatura, anche con acqua non a temperatura ambiente o ricca di cloro o anche da un'eccessi
va umidità ambientale
Fattore temperatura
,

- comparsa di colorazione rossastra nel fogliame più giovane
- imbrunimento alla base dei fiori

- maculature brunastre sui fiori (specie su Phalaenopsis dove le macchie si formano
irreversibilmente dopo solo 4 ore a temperature molto basse, inferiori ai 4°C)

dovute a Temperature troppo basse.

Tuttavia la maggior parte delle orchidee attualmente coltivate è sotto forma di ibridi che si adattano a condizioni di temperatura diverse, ma non troppo da quella originaria.


La scena più bella della terza serie

Desperate Housewives 3x19: Choosing Between Mike and Ian



Compromessi

Le persone a volte sanno metterci a dura prova, soprattutto quelle che amiamo di più. Ci mettono in crisi, e ci fanno dubitare di noi stessi, non volontariamente, ma noi stessi siamo inconsciamente portati a pensare che tutto quello che facciamo non sia mai abbastanza rispetto a quello che potremmo fare. Perchè questo? E' forse insito in noi un sistema di autopunizione, il seme del dubbio che ci fa vedere "indegni" di quello che ci viene offerto? Che sarebbe cosa? Nemmeno la metà di quello che offriamo noi, ma non ce ne rendiamo conto, ci basta vedere quella misera punta d'affetto che ci viene data, o se vogliamo, donata, come la cosa più preziosa di questo mondo. Forse meritiamo di più, ma non riusciamo ad ammetterlo, vediamo i nostri errori dove non esistono, e vediamo amore immenso dove c'è solo un misero barlume di affetto, forzato. O forse non esistono questi due estremi, ma esistiamo noi ed il nostro senso di colpa per tutto quello che "non" facciamo, e pensiamo che avremmo dovuto fare; ma avrebbe veramente cambiato le cose? O tutto resterebbe comunque così anche se cercassimo di andare contro gli eventi?

T.M.

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