martedì 18 ottobre 2011

L'Attesa

Se le nostre vite si intrecciano in due parole,
allora i nostri sensi si inebriano di attimi
riflessi
nei nostri respiri,
momenti attesi
che prendono forma negli sguardi
vuoti
dei nostri sogni,
fino all'ora del nostro incontro.

T.M.

Vuoto


Sono poche due parole per il mio cuore;
sono deboli due respiri per le mie labbra.
Impercettibile quel contatto
per il quale le mie mani fremono,
e cercano le tue
invano,
trovando solo quel vuoto
che tante volte ha fatto loro compagnia.

T.M.

lunedì 17 ottobre 2011

L'abbraccio

Quante sono le persone che vorresti abbracciare? Quelle che vorresti stringere e non lasciar andare mai più?
Allarghi le braccia, le protendi verso il cielo fino ad incontrare un raggio di luce, e con gli occhi pieni di lacrime resti a fissare quel chiarore che ti abbaglia.

Richiudi le braccia, intorno a quel soffice pensiero di un legame che non si spezzerà mai, e solo allora ti accorgi di stringere a te un grande cuore, che pulsa e ti dà calore, che ti sussura all'orecchio quelle parole di cui hai bisogno,
che valgono più di mille brani gettati al vento, e ti accompagna in quel luogo che solo voi conoscete, quel sorriso che culla entrambi verso una nuova speranza.
E senti l'erba soffice sotto i piedi; ti inonda la sensazione di pace che credevi ormai perduta, mentre ogni parte di te sente riaffiorare la propria anima, quella perduta, di cui non ricordavamo più l'esistenza. Restando distesi ad osservare il cielo, con le dita intrecciate in quell'àncora di salvezza, che ancora ci permette di galleggiare nel grigio mare della gente, e ci porta lontano, verso nuovi mondi e vecchi sogni, verso una spiaggia, dove la sabbia è sempre calda e dove il mare in tempesta si vede lontano, senza timore, mentre ci si guarda negli occhi, e ci si domanda dove andare a nascondersi. Assieme.


T.M.

mercoledì 24 agosto 2011

Il seme dell'inganno

E' come sentirsi imprigionati in una scatola, dove ogni singolo movimento è sempre più costretto, ti senti sempre più bloccato, sempre più soffocato. Ad ogni movimento incontri un muro, e ci sbatti, ancora e ancora; sembra un gioco alla cieca, accecati da una luce dalla quale non si riesce a distogliere lo sguardo. Come falene ci si accanisce, con l'unica prospettiva di morire, eppure sembra il solo spiraglio di speranza, la sola luce di vita. Intanto i nostri piedi si fanno pesanti, e oltre a non procedere si affonda, risucchiati in una spirale di angosce, mentre mille voci gridano ciò di cui hanno bisogno, ti martellano la testa con i loro striduli desideri, e tu resti accecato dalle loro saettanti parole e non sai più in che direzione guardare, poggiando il mento al petto e cercando i tuoi piedi, ormai invisibili. Volgi lo sguardo al cielo, quel cielo che ha ormai cambiato aspetto tante volte che stenti a riconoscerlo, e preghi per avere una risposta ad una domanda alla quale solo tu puoi rispondere. Allora osservi tutto cio che l'attraversa, uccelli, aerei, carichi di persone dirette verso una nuova speranza, o forse un vecchio ricordo, ma comunque alte in cielo, lontane da tutto ciò che le può far affondare in quella terra marcia che ti sta divorando. Fino al momento in cui non senti più niente, ogni tuo dolore è sparito, e così ogni suono, ogni ricordo, ogni prospettiva; un torrido silenzio si è impossessato di te, e con esso uno strano senso di pace. Perchè lottare? Il tuo destino è scritto, ed il luogo in cui ti trovi è stato creato per te, un piccolo seme che aspetta di germogliare, terrorizzato dalla vista del buio, trepidante nell'attesa di vedere la luce, una promessa che di sicuro arriverà. Quando le tue braccia si ergeranno alte verso il cielo e la luce colpirà ancora la tua pelle, e gli occhi potranno ancora vedere, e si alzeranno oltre il cielo, scoprendo l'angoscia divina che ti ha spinto al limite, quelle delicate mani che hanno riaperto i tuoi caldi occhi dal sonno della disperazione, dall'ansia di scoprire, di scoprirti, per dimostrarti che sei qui. Ora.

T.M.

venerdì 15 aprile 2011

Il seme della speranza

Osservando le tue mani diresti che sono troppo piccole per contenere tutto quello che vorresti afferrare dalla vita, eppure la tua testa è in grado di contenere i mille sogni che l'attraversano in ogni istante, lasciando spazio ancora per tutto quello che ti travolge giorno dopo giorno.
Spesso non si riesce a vedere una via d'uscita alla complicata, ma soprattutto stupida, macchinosità di questa vita; ci domandiamo se le persone accanto a noi percepiscono la necessità di lanciarsi a braccia aperte contro le meraviglie che scopriamo ogni giorno, se osservando una stella cercano di immaginare l'infinito, e se anche loro ogni tanto si sentono piccoli di fronte a tutto questo, pur sapendo che nell'infinitesima parte del tutto che occupa la nostra esistenza possiamo comunque essere un indispensabile ingranaggio che permette ancora che tutto funzioni.
Oppure se i sogni degli altri sono irrimediabilmente corrotti dal desiderio di vedersi al centro di tutto, inglobando anche la tua infima esistenza nel loro regno del potere, costruendo pericolanti castelli di carta destinati a ferire inevitabilmente le nostre esistenze, perchè nella loro seppur breve vita sono in grado di schiacciare la debole terra delle nostre speranze, rendendola sterile alle più tenaci buone intenzioni.
Se osserviamo le nostre mani non sono più tanto piccole, perchè possono afferrare ciò di cui abbiamo bisogno, e possono ancora stringere in un abbraccio coloro che sono davvero importanti, e forse questo rappresenta tutto il nostro mondo, quello che ci basta per vivere, anzi, l'unica cosa in grado di farci vivere perchè è ancora capace di piantare il seme dell'amore nel nostro cuore e farne crescere la speranza che non siamo soli.

T.M.

sabato 26 marzo 2011

7 minuti di ordinaria follia

Solo, davanti allo specchio, Senza sapere cosa vedo. Vibrano le immagini di un'anima inquieta che riflette tutte le sue insicurezze. Gli occhi si fissano su qualcosa. Un dettaglio. Una sfumatura. Un segno che nasconde la verità. Scorgo l'ombra di un sorriso, che purtroppo non proviene dal mio viso.
Gesti concitati, fugaci sguardi, maliziosi ammiccamenti. Osservo preoccupato qualcosa che non posso fermare, una forza che spinge tutto verso l'oscuro oblio della solitudine. E non mi riconosco più. Chi è quell'immagine riflessa, quella strana figura, tanto felice, tanto radiosa, e così distante?
Il ritmo del cuore rallenta. C'è silenzio finalmente, un silenzio che non si sente da molto tempo. Troppo. Sparita ogni ombra, ogni incertezza, quello strano riflesso sa esattamente dov'è, e vorrei mi portasse con lui. Ma lo sguardo si fa già preoccupato. Pietoso. Mi osserva con un'aria di consapevolezza che non mi appartiene, e già lo vedo allontanarsi.
Un attimo. Un semplice attimo. Eppure un eternità in cui ho vissuto la mia vita, quella vera, che non riesco a fare mia. Cancello fugacemente ogni ricordo di quel momento lontano in cui ho intravisto la mia ombra e cerco di occultare ogni prova della mia felicità.
L'eternità di un momento mi ha sottratto la debole sicurezza di una vita, ma ogni ombra è scomparsa, il mio riflesso mi guarda imperterrito senza abbandonarmi un attimo, e nel folle tentativo di ritrovarmi mi perdo.
Ormai lontano, il riverbero dei miei sogni mi ha abbandonato e da solo affronto lo sguardo impietoso di una vita che mi giudica. Con i miei stessi occhi.

T.M.

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